Marianna Manduca

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nelle vesti di accusato e parte lesa, ho conosciuto e sopportato decine di magistrati!
in qualità di accusato, mi sono state costruite inchieste giuridico politiche!
in qualità di parte lesa, non hanno mai preso in considerazione le decine di querele proposte loro! li sopporto tutt'ora! una ancora in corso di indagine! ma sempre ferma! o eliminata senza darmene avviso? come avviene in genere? comunque, li sopporto tutt'ora!
non voglio fare affermazioni che i farabutti sono solamente i magistrati! ma le Istituzioni!
a Marianna Manduca, non l'hanno ucciso i magistrati di Caltagirone! e neppure suo marito! l'hanno uccisa le Istituzioni!
non capisco a quale ottenimento di giustizia si ci riferisce? l'ottenimento di 300000€ non hanno ridato la vita a Marianna!
io, sono contrario alla pena di morte ma in questi casi, lo dimentico! addirittura, i magistrati, non sono stati sfiorati neppure da querela penale! oltre che da processo e condanna!
le pseudo istituzioni democratiche, non si fanno condannare! ma condannano!
li assimilo a belve in cerca di sangue!
io, sto dalla mia parte! in questo caso di Marianna Manduca!
sotto riporto l'articolo su di lei!

https://27esimaora.corriere.it/17_giugno_13/finalmente-giustizia-marianna-manduca-condanna-pm-puo-restituire-vittime-fiducia-istituzioni-coraggio-denunciare-83ce996c-5046-11e7-a437-ba458a65274a.shtml
IL FEMMINICIDIO DI 10 ANNI FA
Finalmente giustizia per Marianna Manduca:
la condanna allo Stato può restituire alle vittime
fiducia nelle istituzioni e il coraggio di denunciare
Gianluca Mercuri
Alla fine Marianna Manduca ha dunque avuto giustizia: il tribunale di Messina ha condannato la presidenza del Consiglio dei ministri - cioè lo Stato - a risarcire il tutore dei suoi figli. Viene così punita l'inerzia della Procura di Caltagirone, che dieci anni fa, nonostante le ripetute violenze commesse nei suoi confronti dal marito Saverio Nolfo, non lo fermò.
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Dodici coltellate
Marianna Manduca aveva 32 anni quando, il 3 ottobre 2007, Nolfo la ammazzò con dodici coltellate. Dodici come le denunce che la ragazza aveva presentato alla Procura di Caltagirone, senza che nessuno prendesse sul serio le minacce e le aggressioni, perfino pubbliche, che subiva. Accadde a Palagonia, nel Catanese, e pochi giorni dopo Marianna avrebbe vinto la lunga battaglia giudiziaria per l'affidamento dei tre figli. L'uomo sconta una condanna a vent'anni, ma finora la vittima non aveva mai avuto vera giustizia, né in vita né in morte.
Il ricorso del cugino
La dannazione di Marianna finì in parte nel settembre 2014, quando la Corte di Cassazione accolse il ricorso del cugino, tutore dei suoi figli, che vivono con lui e la sua famiglia nelle Marche. In base a quella sentenza, la Corte di Appello di Messina non avrebbe più potuto respingere per scadenza dei termini la richiesta di risarcimento ai tre ragazzi per la «negligenza inescusabile» dei pubblici ministeri che avrebbero dovuto prendere in esame le denunce della madre. Per i giudici messinesi, l'istanza andava presentata entro due anni dalla morte di Marianna. La Cassazione li aveva costretti a ragionare: la scadenza dei termini andava calcolata «dal momento in cui i minori stessi avessero acquistato la capacità di agire», cioè dal giorno in cui un adulto è stato nominato loro tutore, cosa avvenuta solo nel dicembre 2010.
I figli affidati al padre
Il rifiuto di ammettere la richiesta di indennizzo era stato solo l'ultimo affronto della giustizia di questo paese a Marianna Manduca e alla sua memoria. Prima c'era stata l'inerzia di fronte alle sue denunce, e prima ancora l'incredibile decisione di affidare i bambini al padre, nullatenente e tossicodipendente ma capace - dopo avere di fatto sequestrato i figli e impedito per mesi alla madre di vederli - di plagiarli fino a indurli a mostrarsi ostili a Marianna nelle udienze in cui si discuteva la loro sorte. La giustizia ci cascò: quando stava finalmente per rimediare, arrivarono le pugnalate di Saverio Nolfo. Alla ragazza non era bastato il coraggio di lasciare il marito dopo anni di violenze.
«Vincere la paura»
La sua storia ricalca le tante lette e ascoltate troppe volte: un amore ingenuo, l'errore di cedere alla richiesta di rinunciare al proprio lavoro, l'inizio dell'incubo, la vergogna e il terrore di ribellarsi: «Capisco che è difficile, a chi non ha mai vissuto nulla di simile, comprendere tutto ciò, soprattutto comprendere come sia possibile patire tutto e sempre in silenzio, ma avevo molta paura e il clima in cui vivevo era davvero pesante». Sono parole di Marianna. Che poi la paura seppe vincerla, ma non le bastò. L'invito giusto e ovvio che viene sempre rivolto alle donne nella sua situazione - smettete di subire, affidatevi alle istituzioni - lei lo accolse ma le istituzioni non la ascoltarono. Forse il suo coraggio, e la condanna subita dallo Stato che non la protesse, le renderanno più attente.
13 giugno 2017 (modifica il 13 giugno 2017 ' 23:03)
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https://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/catania/cronaca/17_giugno_13/messina-denuncio-marito-che-poi-uccise-condannati-pm-133dd534-503f-11e7-9b1b-03433a7d0a93.shtml
Denunciò marito che poi la uccise,
pm non intervennero: presidenza del
Consiglio condannata a risarcimento
La sentenza del Tribunale di Messina: presidenza deve versare 300mila euro
e poi potrà rivalersi sui magistrati. Per i giudici ci fu inerzia da parte dei pm
di Gianluca Rossellini
Aveva più volte denunciato ai magistrati che il marito la picchiava e voleva ucciderla, ma i magistrati non sono intervenuti nonostante gli esposti. Poi l'uomo uccise Marianna Manduca, 10 anni fa, a Palagonia, lasciando orfani 3 bambini. Oggi il Tribunale civile di Messina ha condannato la presidenza del Consiglio dei ministri a versare circa 300mila euro alle parti civili, così come prevede la legge sul risarcimento per la responsabilità civile dei magistrati, applicando la norma sul danno patrimoniale. La presidenza del Consiglio, poi, potrà rivalersi sui magistrati.
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Le motivazioni
I giudici di Messina hanno stabilito che ci fu dolo e colpa grave nell'inerzia dei giudici che, dopo i primi segnali di violenza da parte del marito, non trovarono il modo di fermarlo. La sentenza dopo il processo intentato dal padre adottivo dei bambini riconosce la responsabilità civile del magistrato per i soli danni materiali. Secondo Lucia D'Amico, legale dell'uomo, si tratta di una sentenza storica sulla responsabilità civile dei magistrati ed è «un'importante precedente perché di solito è molto complicato che vengano condannati dei giudici». Il caso della morte della donna che per ben 12 volte aveva denunciato il marito fece molto clamore. Saverio Molto fu poi condannato a 20 anni per la morte della moglie di soli 32 anni.
13 giugno 2017 ' 16:05
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